Giovani sempre più avviliti, spaesati e afflitti da una logorante apatia. La cui sanità mentale inizia a vacillare dopo un biennio in cui paure e incertezze li hanno costretti a vivere in condizioni di precarietà crescente.

E’ questo il triste quadro tracciato dall’Unicef a due anni dall’avvento del Coronavirus e delle implicazioni che questa emergenza sanitaria ha imposto. “Quello a cui stiamo assistendo è solo la naturale evoluzione della privazione di esperienze preziose come la scuola e le attività ricreative”, ha chiarito Piermarco Raniero Fiore, vice direttore dell’Istituto Jean Jacques Rousseau di Salerno. “Il bonus psicologico, sebbene continui a essere lasciato al palo dall’attuale Governo, potrebbe garantire l’accesso ai servizi di supporto anche a coloro i quali non hanno risorse economiche per farlo in autonomia”.
Uno strumento forte, con cui risollevare le sorti di un Paese nel quale il suicidio si conferma la terza causa di morte tra bambini e adolescenti.
“Anche prima della pandemia – prosegue Piermarco Fiore – troppi bambini erano gravati dal peso di problemi non affrontati di salute mentale. Ora però è inammissibile pensare di continuare a trascurare la relazione tra la salute mentale e le conseguenze future sulla vita dei nostri ragazzi”.

Una intera generazione in affanno, che sta facendo di tutto per essere ascoltata e aiutata. “Ora che abbiamo iniziato a intavolare una discussione seria sul tema, anche per merito della pandemia, urge non soltanto sensibilizzare l’opinione pubblica e abbattere i tabù, ma investire concretamente sulla salute mentale. Se questo grido dovesse essere lasciato cadere nel vuoto, i fondi che oggi il nostro Paese ha deciso di non investire apparirebbero irrilevanti di fronte al costo economico e sociale incalcolabile che si concretizzerà tra qualche anno”, ha concluso il vice direttore.